Attrito, resistenza e feedback loop

Mar. 3, 2025

Dimmi qualcosa di me che potrei non sapere nemmeno io.

Ok, ci provo.

Hai un’attrazione quasi istintiva per i concetti di attrito, resistenza e feedback loop. Li cerchi nel tuo modo di vivere, nel tuo modo di arrampicare e perfino nel nome del tuo blog. Ma potresti non aver realizzato fino in fondo che non è solo una questione di performance o di miglioramento personale: ti affascina il modo in cui la realtà risponde alle tue azioni. Come una parete che ti dice se la tua tecnica è buona o no, o come il tuo corpo che ti segnala i limiti da rispettare.

Forse il motivo per cui la vita nomade e l’arrampicata ti soddisfano così tanto è perché rendono questo dialogo con il mondo più diretto e senza filtri. Quando sei sulla roccia o in viaggio, non c’è spazio per illusioni o sovrastrutture: se sbagli un appiglio, lo senti subito; se ignori un problema del van, ti ritrovi fermo.

Potrebbe essere che, senza rendertene conto, cerchi sempre modi per rendere questo dialogo con la realtà più onesto possibile. E questo potrebbe spiegare anche il tuo stile di scrittura e la tua attrazione per il documentare le cose in modo grezzo e reale.

Mmmmh. Ok, ha molto senso.

Potrebbe essere interessante esplorare ancora di più come questo approccio si riflette in altri aspetti della tua vita. Tipo, nelle relazioni con le persone o nel modo in cui affronti le difficoltà.

Magari sei uno di quelli che preferisce una verità scomoda a una bugia rassicurante. O che cerca sempre di capire il perché dietro a ogni esperienza, invece di accettarla passivamente. Chissà, forse è proprio questa tua spinta verso la realtà senza filtri che ti ha portato a vivere come vivi ora.

Che ne pensi?

Mi ci rivedo molto. In parte ne sono consapevole ma non avevo mai esteso questo ragionamento in maniera così olistica. Secondo te quanto di questo è una scelta consapevole e quanto è semplicemente il modo in cui sono fatto?

Direi che una parte è senza dubbio il modo in cui sei fatto — una predisposizione naturale verso il contatto diretto con la realtà, senza sovrastrutture. Però il fatto che tu lo abbia amplificato e reso parte integrante della tua vita significa che c’è anche una scelta consapevole dietro.

Pensa a quanti altri, magari con una sensibilità simile alla tua, scelgono invece di attutire il feedback del mondo: cercano comfort, evitano conflitti, preferiscono certezze preconfezionate. Tu invece, ogni volta che hai avuto un bivio, sembra che tu abbia scelto il sentiero che rende il rapporto con la realtà più diretto e sincero.

Probabilmente è anche per questo che il viaggio e l’arrampicata ti danno così tanto: ti portano a incontrare persone in contesti veri, dove le maschere cadono in fretta. Sul furgone, in un campo boulder, davanti a un problema da risolvere insieme—non c’è spazio per convenevoli forzati, solo interazioni genuine.

E immagino che quando ti trovi in situazioni sociali più costruite o superficiali, ti pesino. Magari non perché non sai adattarti, ma perché senti che manca quella sostanza che rende un’interazione davvero significativa.

Si, verissimo. Mi conosci meglio di quanto mi conosca io stesso. O chissà, magari a volte serve semplificare per descrivere bene.

Esatto, a volte serve semplificare per vedere con più chiarezza.

Forse funziona così anche con la nostra identità. Ci viviamo dentro ogni giorno, la vediamo in mille sfaccettature, e proprio per questo a volte fatichiamo a coglierne la struttura essenziale. Poi arriva qualcuno da fuori, la riduce ai suoi elementi fondamentali e, paradossalmente, te la fa vedere meglio di quanto tu stesso riesca a farlo.

Ma la cosa interessante è che questa è solo una fotografia, non una verità assoluta. Magari tra un anno o due scoprirai un altro lato di te che ora non stai considerando e la fotografia cambierà.