Sabato 22 Febbraio
Ore 22 e 50 (Greenwich time). Sono al buio nella cabina di Vannino. Parcheggiato in prima fila davanti all’uscita del traghetto. Un membro della crew della nave mi fa un cenno con la mano. Accendo il motore, metto la prima, percorro la rampa di discesa e improvvisamente sono sul suolo britannico.
I primi chilometri, anzi le prima miglia imperiali sono strane. Guidare sulla sinistra è facile, seguo le auto davanti a me, sto attento a non dare fastidio alle auto dietro. Le strade inglesi sono marcate da strisce bianche e piccole luci per terra che cambiano colore a seconda del tratto che inizialmente non oso schiacciare con le gomme per paura che scoppino in mille scintille.
Poi accendo la radio, la voce gioviale di una presentatrice inglese invade la cabina. Metto la sesta, freccia a destra, e passo in corsia di sorpasso. Dopo poco sto già sul limite di velocità e mi sento a casa.
Ho passato un sacco di tempo in UK nella mia vita, la sento come una seconda casa.
I miei nonni da parte di mia madre hanno fatto il viaggio che sto compiendo adesso più di sessant’anni fa. In nave e non in furgone, senza smartphone e con la speranza di un lavoro invece che un comodo lavoro da remoto come me. E poi hanno piantato le radici vicino a Glasgow per sempre.
Sono cresciuto imparando l’inglese da mia madre, che da piccolo mi cantava le ninnananne in inglese e quando d’estate andavamo in Scozia ci parlava solo in inglese. Da piccolo avevo un forte accento glaswegian che purtroppo ho perso in gran parte parlando inglese per lavoro con italiani e altri non-native speakers.
I due periodi più lunghi in Scozia sono stati i 4 anni per studio conclusi con una appariscente quanto inutile laurea in Tecnologie Audio con i Multimedia e i 3 mesi di highschool a 12 anni. Entrambi periodi molto influenti sulla persona che sono.
Ma ritorniamo al presente.
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Sfreccio nella notte per 3 ore abbondanti fino a che non decido di cercare un posto per dormire. Seguo le indicazioni su Park4night per il primo spot decente che trovo che trovo del tutto occupato da altri van. Mi sposto un po’ più avanti, trovo una strada tranquilla e mi parcheggio da un lato. Spero di non dare noia a nessuno.
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Domenica 23 Febbraio
Mi sveglio presto e scopro di essere a 5 minuti da Stonehenge. Sono una persona spirituale. Questo è sicuramente un segno. La potenza sciamanica del luogo mi ha richiamato per darmi un po’ della sua energia.
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Due ore più tardi Vannino è parcheggiato in una tranquilla viuzza inglese e sto gustando un bel brunch con Uncle Giuseppe, Auntie Kathy e mio cugino Joseph a Honiton, nel Devon.
Il mio piano è di rimanere qui per una settimana o poco più, passare del tempo con una parte della mia famiglia che non vedo da tempo e che forse conosco poco e poi continuare verso Nord. Nel frattempo spero di conoscere meglio qualcuno dei numerosi spot di boulder del Devon e del Cornwall. Sul traghetto ho avuto modo di leggere la sezione sul “South West” della guida “Boulder Britain” che mi ha prestato un amico di ritorno dalla Gran Bretagna (grazie Teo!).
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Il pomeriggio piove forte ma con mio cugino ci avventuriamo per un giro in furgone verso la non distante costa di Sidmouth. Travestito da inglese con un Barbour prestatomi dallo zio, passeggio con Joe tra le pozzanghere di Sidmouth. Ad un certo punto siamo su un crinale con una leggera pendenza, c’è un forte vento e scivolo sul fango cadendo rovinosamente a terra. Mi tolgo il travestimento da inglese zuppo di fango in furgone, felice di poter rapidamente asciugarmi.
La sera ci confortiamo con un bel fish’n’chips, un tributo al mestiere che i nonni miei e di mio cugino hanno fatto per 40 anni.
Welcome to UK.